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Nuovi Autori dell'Immagine
(articolo pubblicato da questo sito)

Le tematiche affrontate in questo loro primo cortometraggio realizzato insieme, “In fondo alle scale”, fatto di comune accordo, riguardano i rapporti familiari, le consuetudini, le norme sociali e morali impartite da un padre autoritario, sui generis, interpretato da Giuseppe Lorin, e da una Società in sfacelo; tutta la storia si svolge a Roma, in uno dei quartieri più conosciuti della capitale, Trastevere, con delle panoramiche mozzafiato sui tetti del centro storico. È sul contrasto tra i giovani e gli adulti, insomma una diatriba tra generazioni che non esclude riferimenti con il rapporto adolescenti-genitori nella vita familiare quotidiana. Su testo creato da un’idea di Andrea Di Iorio con la scrittura a quattro mani con Massimiliano Delfino, le redini della regia di pari passo vengono rette all’unisono.

Gianpaolo Catanzaro, il fonico, ben si è adeguato alle esigenze tecniche dell’operatore Nicola Santi Amantini e alle volontà scrupolose degli autori per ciò che riguarda la presa diretta. Alessandra Graziosi, aiuto regista e montatrice, con l’attenzione scrupolosa alle inquadrature ha fatto sì che venisse rispettato lo storyboard “disegnato” in precedenza. Federica Fuga, scenografa, che ha reso autoritario il contesto borghese, scegliendo una prestigiosa location a monteverde, in un confronto familiare all’arma bianca, in contrasto con l’abitazione goliardica del piano di sopra, occupato dagli amici della ragazza di Emanuele, Francesca Sanzari, già apprezzata in “Benvenuti al Sud” . I registi esplorano il rapporto padre-figlio, il contesto sociale, attraverso la contrapposizione tra le regole, le norme, le leggi che “tengono legati” a dei fili chi ancora non è in grado di liberarsi, forse per convenzione sociale, e un padre in difficoltà che cerca di giustificare un mondo edificato sugli ostacoli, sulla falsità, sui legami, sul nepotismo e sulla risultanza insignificante della meritocrazia.È facile pensare al “Padre padrone” dei fratelli Taviani dove il protagonista, Gavino, cresce in un contesto sociale dove la forte personalità del padre e la sua educazione considera “una nullità” qualsiasi persona che non adoperi le proprie braccia per produrre. In fin dei conti è lui, il capo famiglia che porta a casa i soldi!Nel cinema di Andrea Di Iorio e Massimiliano Delfino si innestano cultura letteraria e modelli cinematografici in cui confluiscono le lezioni di Rossellini, Chaplin, Bresson e Visconti prima maniera, nonché una concezione dell'ideologia come passione e scelta di vita. Proprio in questi riferimenti dell’arte cinematografica si trova la chiave della loro originalità.

Andrea di Iorio, Marco Palvetti, Max Delfino e Giovanni di Lonardo
Andrea di Iorio e Max Delfino
La troupe sul set







Attraverso le vicende immaginarie, ma strettamente collegate allo scenario della quotidianità Andrea Di Iorio e Massimiliano Delfino affermano uno dei temi portanti del loro cinema: la dedizione assoluta all'utopia della libertà, al distacco e all’allontanamento da qualsiasi schema predefinito nel sogno d'un cambiamento generazionale e dell'avvento di nuove età di maggiore eguaglianza sociale senza distinzione alcuna. Nella figura di Emanuele, (il cui nome richiama il senso di un appassionato slancio di libertà e di protezione contro le ingiustizie riecheggiando, infatti, il nome del Salvatore e del suo significato, Dio è con noi), i registi esprimono proprio questa spinta utopica verso un futuro che al momento appare confuso e sfuggente, come risulta essere il dialogo di Emanuele (Marco Palvetti) con Daniele (Giovanni Di Lonardo), (anche qui il nome sottolinea un fatto contingente, il trovarsi in una fossa di leoni, in una famiglia convenzionale).  I due ragazzi sembra che abbiano un delirio immaginario nel loro sfogo, ma che già nelle battute e nei loro sguardi preconizza il successo del giovane e l'affermazione delle  idee liberatorie dai fili inibitori e dai legami sociali.
Lydia Biondi, nella sua incisiva e professionale espressività disegna una moglie e una madre apprensiva vittima della incomprensione di coppia. Giuseppe Lorin offre una sintesi della sua professionalità riuscendo a dare all’autorità paterna quella sofferente incomprensione che lo separa dal figlio e dalla moglie costringendolo a rimanere solo. “In fondo alle scale” è di per se un vero film, un lungometraggio in nuce, dove quei bagliori presenti nel corto prefigurano lo sviluppo artistico dei nostri due registi.
“…hai visto come sta messo mio figlio, pare che sta in costume e tra po’ è Natale…” È questa una delle battute della madre apprensiva, e di rimando il padre: “I soldi so’ i miei però. Vabbè che finanzi i negozi del corso…”. Il sogno di Daniele, il loro figlio, è quello di avere “Una scrivania sulla sabbia bianca sotto una palma… ‘na bella noce di cocco… Chi s’è visto s’è visto!”
“In fondo alle scale”, scritto e diretto da Andrea Di Iorio e Massimiliano Delfino, prossimamente nei concorsi nazionali, e perché no, anche in quelli internazionali!
Chiediamo ora ai due registi e alla loro “assistente alla regia” informazioni più dettagliate.

Lydia Biondi e Giuseppe Lorin
Lydia Biondi la madre
Giovanni di Lonardo, Giuseppe Lorin e Lydia Biondi






D – Andrea Di Iorio, regista, si è laureato qualche giorno fa a Roma, all’Università La Sapienza, in Letteratura, Musica e Spettacolo discutendo la tesi dal titolo “La funzione drammaturgica del suono in Lost Highway di David Lynch” . Nei tuoi lavori precedenti hai sempre toccato dei temi esistenziali riguardo al disagio adolescenziale nei confronti di una Società sempre più stressante. Ti riconosci nelle tematiche affrontate o è un tuo aspetto da osservatore critico riguardo gli eventi contingenti?

R – Diciamo che c’è una combinazione tra l’influenza autobiografica e un punto di vista critico su quelli che sono gli aspetti della vita sociale che mi convincono di meno. Un punto di vista registico, o artistico, è quasi sempre un punto di vista critico, servendosi della molteplicità dei linguaggi di cui il cinema è costituito. Di questo sentii il bisogno di scrivere quando ho pubblicato nel 2007 “Ignoranti e Sognatori”, saggio sul cinema con racconti e poesie. L’artista è una persona che “critica” creando; appunto per questo, sin da quando ho diretto, nel 2005 il mediometraggio “Back to the Light” (45’) e nel 2006 il mediometraggio “Dreamtrap” (42’), ho inserito delle caratteristiche direttamente riconducibili alla mia personalità, unite ad una visione della vita votata all’appagamento dei propri desideri, tematica che consapevolmente o inconsapevolmente è maturata e si è evoluta nei lavori che ho fatto successivamente, come “Una bella trovata”(12’), scritta da Massimiliano, che è stata l’occasione del nostro incontro artistico. Si trattava di un progetto per un laboratorio universitario, evolutosi in qualcosa di più indipendente e personale, con un buon risultato, che ci portò tra i dieci finalisti della III edizione del festival Tulipani di Seta Nera, che si svolse a Roma, all’Embassy, nonostante la forte  concorrenza di cortometraggi ad alto budget. Ed è proprio nel budget a disposizione, il problema che sta nel voler realizzare un’idea ma non avere abbastanza strumenti per farlo, che ho ripreso nel mio successivo cortometraggio, “Il film giustifica i mezzi” (8’), (visibile su Facebook), la storia di un ragazzo di Campobasso (ed ecco che si affaccia l’aspetto autobiografico) che cerca di girare un corto ma viene continuamente ostacolato dalla fatidica mancanza di mezzi. Sarà proprio questa mancanza di mezzi economici a diventare lo stimolo creativo per continuare e non arrendersi nel mondo cinematografico attuale. Ho narrato questa storia adottando un approccio surreale, riscontrabile nel corto “In Fondo alle Scale”, così come lo sperimentai nel precedente “Una bella trovata”, ora visibile su YouTube. “In Fondo alle Scale”, ruota sull’espediente surrealistico di fili ai quali le persone sono inconsapevolmente legati, venendone condizionate nelle azioni e… nei pensieri. Si tratta di qualcosa di surreale che però evidenzia un problema reale. Ecco come delle problematiche individuali sono inevitabilmente legate a quelle riguardanti i più ampi aspetti sociali. Il punto di partenza è sempre il singolo individuo con la sua psicologia: in questo caso, il nostro Daniele. Per dare vita a questi personaggi ho avuto la fortuna di lavorare con grandi attori, dai quali si impara tantissimo, e da un cast tecnico incredibile, che quando giravo da liceale con una piccola videocamera in mano i miei primi lavori, non avrei neanche immaginato.

D – Massimiliano Delfino, co-regista e co-sceneggiatore; la tua formazione cinematografica ed i rapporti con la scrittura creativa?
R – La mia formazione cinematografica comincia da lontano… possiamo dire da quando a quattro anni guardai per la prima volta “Il Buono, il Brutto ed il Cattivo” di Sergio Leone sulle gambe di mio nonno! Oggi devo rispondere (in maniera forse scontata) di amare alcuni “grandi” come, appunto, Leone, ma anche Kurosawa, Chaplin, Hitchcock, Kubrick (probabilmente il mio “padrino” artistico). Impossibile poi dimenticare i geniali Kitano, Fellini, Gilliam. Da questi ultimi ho imparato a trasmettere, attraverso il medium cinematografico, una visione straniata e surreale della vita, che torna nell’iper-surreale “In Fondo alle Scale”, questo nostro ultimo cortometraggio.
Può forse apparire una scelta strana, certamente in contro-tendenza, ma io ed Andrea, dopo esserci incontrati per “Una Bella Trovata”, eravamo convinti di dover scrivere un corto che fosse diverso dagli altri, meno “confezionato” per un certo tipo di festival e di pubblico; al contrario, volevamo che fosse più genuino ed intimista. Meglio vincere con un’opera d’arte sincera e nostra! D’altronde, per chi come me scrive da anni racconti e poesie, e diverse sceneggiature, tra cui “Il Grande Inganno” (2006) da cui ho tratto un mediometraggio, piegarsi alle logiche di mercato risulta difficile, se non impossibile. Per “In Fondo alle Scale” poi abbiamo avuto la fortuna di incontrare gente incredibile, come Giuseppe Lorin, Lydia Biondi, Giovanni Di Lonardo, Marco Palvetti, Francesca Sanzari; dal versante tecnico la nostra puntuale assistente alla regia Alessandra Graziosi, il vivace operatore Nicola Santi Amantini, il suo “vice” Giuliano Braga, la preziosa e sempre attiva scenografa Federica Fuga, il burbero fonico Gianpaolo Catanzaro ed il suo prode assistente Costantino Fazzari, che da subito hanno creduto nel nostro progetto. Sono stati quattro giorni di set intensissimi, da cui è nata un’opera di 15 minuti. È da quando abbiamo pianificato il soggetto che l’opera ci è apparsa un “mini-film” piuttosto che un corto vero e proprio. È solo grazie a loro se ce l’abbiamo fatta!

Nicola Santi Amantini l'operatore 






D – Alessandra Graziosi, assistente alla regia, editor del corto cinematografico “In fondo alle scale”, come è riuscita a tenere le briglie dei due scalcitranti registi?

R – Fin da piccola ho sempre adorato lavorare in compagnia e l’esperienza di “In Fondo alle Scale” rispecchia questa mia attitudine, quindi non ho avuto paura delle possibili difficoltà da gestire, sia durante le riprese che nella post-produzione.
Sono rimasta folgorata dal mondo del cinema durante il 61° Festival di Venezia, nel 2004, e da allora non l’ho più abbandonato. In seguito ho scritto e diretto due cortometraggi: “Sinapsi Bruciate”(13’) nel 2005 e “Dramma Sonoro”(3’) nel 2007. Da essi emerge la mia passione per il cinema muto, quello delle origini, la commedia, lo slapstick. Ho sempre cercato di curar il rapporto tra immagini e sonoro, in particolare tra immagini e musica. Ho cercato di esprimere al massimo tutto questo nel montaggio non solo delle immagini, ma anche delle musiche del cortometraggio “In Fondo alle Scale”. Le musiche originali, scritte da Andrea Di Iorio, Gianluca Delfino e Massimiliano Delfino, si sono come fuse, tra le mie mani, con le immagini del cortometraggio, che ne scandiscono il ritmo incalzante, in particolare nelle scene riguardanti il tema delle scale.
Mi sono ritrovata anche a dover inserire nel montaggio gli effetti speciali curati da Daniele Bartoli, web designer e animatore 3D.
Nonostante il montaggio sia il fulcro del cinema e la pre-produzione, con la compilazione del piano di lavoro, sia essenziale, credo che la parte più interessante del cortometraggio, e in generale del cinema, siano state le riprese.
Le capacità indispensabili dell’aiuto regia, come anche della regia, sono la prontezza e la versatilità. Ci sono piccoli grandi ostacoli e difficoltà di ogni tipo, a livello registico, scenografico e pratico, da superare per riuscire a rientrare nei tempi prestabiliti.
Aiutare a gestire il set è stata un’esperienza preziosa. Andrea mi ha rivelato che ha nuove idee per la testa. Mi piacerebbe provare di nuovo un’esperienza di collaborazione di questo tipo.  

Ed ora il loro “bambino” dal nome “In fondo alle scale” sarà seguito nei suoi primi passi, da entrambe i genitori, fino al riconoscimento ufficiale dei Festival Cinematografici Nazionali ed Internazionali. È di questi giorni il riconoscimento prestigioso della Targa dell’Off Film Festival assegnata dalla S.A.S., Scuola Arti dello Spettacolo diretta da Enzo De Camillis, ai due giovani registi Andrea Di Iorio & Massimiliano Delfino.

Chiediamo ad Enzo De Camillis una sua riflessione sul corto “In fondo alle scale” che ha vinto il concorso On-Line FilmFestival 2011, nella sezione Corto Impegno della S.A.S. arrivando primo con la votazione popolare e secondo per la giuria del premio?

R – “In fondo alle scale” rappresenta una nuova pagina dell’idea cinematografica per il film di riflessione sociale. I fili che stabiliscono i comportamenti nel gruppo sociale dei singoli individui sono il “grande fratello”, i legami che si hanno con le istituzioni, a partire da quella familiare nel rapporto tra genitori e figli, e cercare di uscirne fuori, tagliarli con un colpo secco di forbici, può intendersi come isolarsi, emarginarsi ma, in questo modo si rinuncia alla lotta per la propria indipendenza. È sempre meglio lottare, criticare e cercare di cambiare stando dentro il gruppo sociale. Ritengo che il film, perché è di film vero e proprio che dobbiamo parlare per “In fondo alle scale” di Andrea Di Iorio e Massimiliano Delfino, abbia colpito in pieno l’obiettivo della critica sociale con tutte le ansie e le angosce di questa nostra gioventù. C’è da fare un encomio anche per la scelta di attori professionisti e qui mi pregio di ricordare Lydia Biondi, l’ottimo Giuseppe Lorin, il travagliato Giovanni Di Lonardo, il lanciatissimo Marco Palvetti. Nel complesso ritengo che questa loro opera altamente professionale, di buon grado abbia meritato il primo premio per la votazione popolare ed il secondo per la giuria.

Lydia BiondiGiuseppe Lorin il padre 
















La premiazione è avvenuta Palazzo Valentini, sede della Provincia, nella mattinata di sabato 5 marzo 2011. È di questi giorni il secondo “passetto” del loro bambino che si chiama “In fondo alle scale” ed è rappresentato, questo passetto, dalla notizia seguente: “Gentile Produzione, Gentile Regista.
La commissione del Foggia Film Festival ha esaminato ed apprezzato la Sua opera che, pur non rientrando nella Sezione competitiva, è da considerarsi meritevole di rientrare nella prestigiosa Sezione non competitiva Fuori Concorso, riservata ad opere di pregio e/o d'interesse. Il cortometraggio con la regia di Andrea Di Iorio e Massimiliano Delfino “In fondo alle scale” sarà proiettato nell’ambito del FOGGIA FILM FESTIVAL.”

Michela Zanarella





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